Fabio Clauser una vita per gli alberi, i boschi e le foreste

Fabio Clauser più che un personaggio nell’orto è un personaggio nel bosco. Ma orto e bosco sono strettamente connessi, se allarghiamo il nostro sguardo e comprendiamo che il nostro ambiente ha un unico respiro: quello della terra che necessita di maggiore cura. Ecco allora il lavoro e il pensiero di un uomo che, superata la soglia dei 100 anni, può dire la ‘sua’ a ragion veduta.

Fabio Clauser

Una vita dedicata ai boschi, alle foreste e agli alberi. Fabio Clauser questo ha fatto. La sua maggiore soddisfazione è stata quella di avere bene amministrato il patrimonio arboreo che gli è stato affidato nei lunghi anni della sua carriera professionale e il suo grande rammarico è non avere potuto fare di più.

Eppure ha lavorato molto, moltissimo. Fabio Clauser è un selvicoltore oggi ultracentenario, che è stato Direttore del Parco Nazionale dello Stelvio, poi sovrintendente delle Foreste Casentinesi, inventore della Riserva naturale integrale di Sasso Fratino e, per un periodo, anche dirigente del Ministero dell’Agricoltura e Foreste.

Il suo amore per gli alberi traspare ogni qualvolta formula un pensiero. Intervistarlo è stato come parlare con un faggio, un abete, una quercia. Le sue parole trasudano semplicità, saggezza, umiltà e spesso una pragmaticità dettata dal buon senso che maschera e contrasta  una spiritualità celata con garbo, ma che emerge ogni qualvolta parla della natura e delle foreste come fossero santuari e cattedrali.

Una vita, che vista dall’alto dei suoi 103 anni, immagino possa apparirgli come un lunghissima striscia verde che si perde tra l’infinità di alberi che ha incontrato, studiato, osservato, salvaguardato e, secondo necessità, anche sacrificato.

“Ci sono molti modi di vedere un bosco – spiega Clauser – Come sfondo di un film di terrore popolato da orchi e lupi cattivi. Come luogo ameno di distensione e pacificazione. Come luogo di lavoro da gestire in modo che sia utile alla comunità umana”. E a lui è toccata soprattutto quest’ultima visione. “Ho scelto questa professione nel 1938 quando mio padre spingeva per farmi diventare medico o avvocato, ma io tra il vivere in ospedale o in tribunale scelsi di vivere in un bosco, pur sapendo che le soddisfazioni economiche sarebbero state inferiori”.

Fabio Clauser foreste- InOrto
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Il mestiere del forestale

Il forestale è un ruolo difficile da ricoprire quando si hanno responsabilità pesanti. “La definizione che più mi appartiene è quella di ‘ispettore forestale’, termine che risale alla seconda metà dell’800, ma a me sembra, che nella sua sobrietà, si presti meglio di tutte le atre nuove qualifiche emergenti a rappresentare un selvicoltore che, oltre alla funzione di tecnico, debba svolgere quelle amministrative e in parte poliziesche di ‘pubblico ufficiale”.

Ruolo che ha svolto con etica, perizia e responsabilità. E lo dimostra il suo curriculum. Ma dietro all’ispettore forestale, c’è anche l’uomo Fabio Clauser che rilascia questa intervista “per fare della propaganda a favore degli alberi, della “propaganda silva” come dice lui. Membro dei GUFI, Gruppo Unitario per le Foreste Italiane, fondato da un piccolo gruppo di personaggi di varia cultura legati dall’amore per il bosco, per salvaguardare il patrimonio arboreo e paesaggistico italiano e difenderlo da provvedimenti politici, volti più a tutelare gli interessi particolari dell’industria che quelli generali della salute e del futuro dei cittadini. Questo disegno politico, denuncia Clauser,  è diventato ancora più chiaro dopo l’approvazione del TUFF (Testo Unico Forestale) emanato nel 2018.

Proprio la grande esperienza maturata negli anni ha sviluppato in Clauser la grande consapevolezza che il patrimonio forestale sia d’importanza vitale e in quanto tale vada gestito da persone competenti dotati di sensibilità e conoscenza adeguata. E’ questa la problematica che più gli sta a cuore, di cui sente il vuoto istituzionale e sociale. “Non vedo al momento associazione, né tantomeno istituzione che si prenda carico delle istanze dei boschi e di quello che loro rappresentano”.

L’età degli alberi

Per capire meglio alcune dinamiche è giusto operare dei distinguo ‘tecnici’, utili a illustrare la gestione forestale che Clauser auspica. Per prima cosa fustaie e cedui non sono la stessa cosa. “La differenza è grande, sotto ogni punto di vista: paesaggistico, produttivo, economico. Il bosco d’alto fusto con la presenza di grandi alberi genera paesaggi ombrosi, piacevoli e variegati. Richiama il ricordo di una natura ancestrale e produce prevalentemente legno pregiato. Il bosco ceduo, formato soprattutto da ceppaie che forniscono fitti polloni destinate al taglio intorno ai 30 anni di età, fornisce prevalentemente legna da ardere. L’abbondanza dei cedui in Italia -rappresentano circa la metà del patrimonio boschivo – è misura della povertà economica paesaggistica della nostra selvicoltura nel contesto europeo”.

Quanto e come l’uomo può intervenire? Quanto è giusto lasciare che la natura faccia il suo corso e quanto l’uomo deve pensare al suo approvvigionamento? Le cose sono strettamente connesse. Se tagliamo troppo e spesso, non daremo al bosco modo di crescere e creare il ‘materiale’ di cui l’uomo necessita. Non solo ma toglieremo umidità, protezione, ossigeno al nostro territorio. “Talvolta dicono perfino che c’è troppo bosco e che è troppo vecchio. Ma per chi? Un albero di 30 anni è ancora un bambino. Un bosco maturo produce molta più ricchezza di un bosco giovane. La selvicoltura moderna parla di ‘gestione attiva del bosco’, che vuol dire tagliare e tagliare. Per poi ritrovarsi a dovere comprare e importare legname pregiato. La contraddizione è enorme”.

E quanto a età degli alberi Clauser se ne intende. Cinque anni di un albero corrisponde a un anno di età umana, quindi egli stesso, scherza Clauser, è biologicamente coetaneo del faggio più vecchio della Riserva naturale integrale di Sasso Fratino, che oggi ha oltre 500 anni. Con quella Riserva, oggi patrimonio dell’UNESCO, Clauser ha avviato con 100 ettari di bosco la protezione attuale di 700 ettari di foresta dove è precluso l’accesso a qualsiasi essere umano, fatta eccezione per qualche studioso. Tra tutte le opere di Clauser, Sasso Fratino si può definire il suo capolavoro. “Non è un merito mio, il caso ha voluto che lavorassi in quella zona, dove c’era un bosco vetusto conservato nei secoli, preservato dallo scorrere del tempo dove si possono vedere alberi monumentali, paragonabili al Pantheon. E’ stato poi Gianluca Piovesan, professore di Selvicoltura e Assestamento forestale dell’Università di Viterbo, a raccogliere le prove che quel bosco possedeva le caratteristiche necessarie per essere incluso tra i boschi europei dichiarati Patrimonio dell’Umanità”.

Foreste ‘miracolate’ e ‘miracolose’

Poi ci sono anche le foreste ‘miracolate’ dove, pure essendo facilmente accessibili all’uomo, la natura si è preservata per puro mistero. “Io la chiamo ‘selvicoltura mistica’ – spiega ridendo Clauser – E’ il caso dei boschi de La Verna, ma lì è stato per volere di San Francesco, non certo mio. Là come a Sasso Fratino la natura trasmette qualcosa di religioso”.   

In questi luoghi la nostra presunzione si ferma e non ci resta che stare a osservare. “Per essere un buon selvicoltore bisogna sapere cosa succede nel bosco, ma molte cose sono ancora inconoscibili. La nostra visione antropocentrica è limitante, la tecnologia sta cercando il sistema di automatizzare tutto. Dobbiamo invece ancora imparare molto dalle leggi naturali che regolano il sistema bosco. Il bosco si sviluppa da sé, se c’è una frana si rimargina, se viene una tempesta l’affronta e la risolve, se c’è un incendio si rigenera. Occorre imparare dalla natura e non insegnare alla natura. C’è un automatismo complesso di relazioni nel bosco, visibile e invisibile, tra funghi, batteri, animali, misterioso e meraviglioso. Il bosco è un mondo a sé”.

Fabio Clauser Forestale - InOrto

Eppure gli uomini e gli alberi condividono lo stesso mondo e come dice Giannozzo Pucci nella presentazione del libro scritto da Fabio Clauser ‘La parola agli alberi’: “La comunanza fra noi esseri umani e gli alberi è talmente profonda da essere intimamente presente in ogni respiro…Infatti respirare ha due momenti: quando inspiriamo ci riempiamo i polmoni dell’ossigeno che gli alberi hanno espirato e quando espiriamo soffiamo l’anidride carbonica che gli alberi ispireranno”.

Le relazioni tra noi e gli alberi sono importanti tanto quanto le differenze. “Siamo molto, troppo diversi – sostiene pragmaticamente Fabio Clauser – Basti pensare alla selezione naturale altissima che avviene nei boschi tra le piante appena nate. C’è una mortalità infantile spaventosa inaccettabile dal punto di vista umano. Gli alberi hanno radici, non possono muoversi, io al contrario è dall’età di 10 anni che mi sposto qua e là e non ho radici”.

Siamo esseri viventi diversi ma interconnessi. “Ci sono studi che dimostrano quanto il nostro organismo tragga un beneficio psico-fisico dalla frequentazione dei boschi, camminare in un bosco non è come camminare in un campo di patate. Il valore della relazione che sviluppiamo con questi esseri viventi tanto diversi da noi, ma che rappresentano il vertice dell’evoluzione vegetale sulla terra, è enorme”.

Gli alberi e il cambiamento climatico

Anche i sassi ormai hanno capito quanto gli alberi e i boschi siano importanti per salvaguardare la vita sul nostro pianeta e per alleviare gli effetti del cambiamento climatico. Tanto da avere stuoli di ‘verdi guerrieri’ pronti a tutto pur di salvare anche un singolo albero.

“Essere radicali non serve, allontana la gente e non porta a ciò che noi sta a cuore. Per esempio qui davanti alla finestra (del suo appartamento fiorentino) avevo un bellissimo leccio che mi faceva sentire, anche stando in città, nel mio ambiente naturale, essendomi dovuto trasformare negli ultimi anni da uccel di bosco al uccel di gabbia. Quell’albero è stato abbattuto per fare passare la tramvia. Mi è dispiaciuto moltissimo, ma i vantaggi ambientali che ha portato la tramvia a Firenze sono stati superiori a quelli di un singolo albero”

Bosco al tramonto - InOrto

Questo non significa che il buon senso prevalga sull’amore che Fabio Clauser nutre per gli alberi, ma piuttosto che la saggezza con gli anni bilancia i malanni, e si fa sentire di più. Anche sul cambiamento climatico ha qualcosa di semplice e pratico da dire, lui che da decine di anni ne divulga i rischi e i pericoli: “Piuttosto che piantare alberi occorre non abbatterli più. Un albero che pianto oggi mitigherà il cambiamento climatico tra 60 anni. Per avere risultati subito non dobbiamo distruggere le foreste tropicali per avere nuovi terreni agricoli. Quelle sono le vere aree da salvaguardare. Poi come forestali dobbiamo sempre pensare a piantare nuovi alberi, ma per il futuro non per il momento attuale”.

E lui, per non restare indietro neanche su questo fronte, una volta andato in pensione, ha continuato a piantare alberi come ha sempre fatto, iniziando un consistente rimboschimento di terreni abbandonati e non utili a scopi agricoli, vicino alla sua abitazione nel Casentino. C’è chi lascia in eredità capitali finanziari, chi capitali immobiliari, e chi lascia in eredità capitali boschivi. La figlia Marina laureata in agraria, per anni curatrice dell’Orto Botanico di Firenze, ne è felice e preoccupata al tempo stesso, ma il padre la rassicura dicendo che  “il bosco farà tutto da solo”. 

Anche le sue parole, come il suo bosco, sono per tutti noi una grande opportunità ed eredità, facciamone tesoro e accogliamo oggi il suo appello accorato affinché gli alberi vengano visti come esseri viventi a tutti gli effetti e venga assicurata loro la tutela necessaria per salvaguardare la loro e la nostra sopravvivenza.

Mettiamoci in testa che senza di loro noi non saremmo qui.

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