La caratteristica principale dell’orto di Mara è la generosità. Non mi riferisco alla produttività, che pure c’è, ma alla donazione continua che Mara fa delle sue pianticelle. Vi sfido ad andare a trovarla e venire via a mani vuote. Impossibile!

Lo scambio tra giardinieri e orticoltori è pratica diffusa, ma in questo orto è la base e il motivo principale della sua esistenza. Ogni volta che una pianta si espande troppo, che si dissemina in un luogo difficile da gestire, che un pollone nasce dove non dovrebbe o che un seme avanza, finisce in un vaso. Così l’orto pullula di vasi in attesa di nuovi proprietari.

Fare un ‘tour’ dell’orto di Mara è un’esperienza. Lei va avanti, seguita dai suoi gatti, e ti racconta le piante, da dove arriva quel frutto, quanto anni ha quell’albero, che varietà è quel pomodoro e così via.

Ti presenta tutte le piante, anche quelle selvatiche, che lei sa riconoscere, ti fa guardare la terra, le zone d’ombra e nel frattempo le tue mani si riempiono di talee, di piante sdradicate sul momento da mettere in terra appena arriverai a casa, di vasetti e alla fine prometti che tornerai a prendere quelle che ancora non sai proprio dove posizionare. Uno scrigno verde a cielo aperto, dove sai di poter sempre trovare qualcosa per te.

Cren, lychnis e melissa

Mara non progetta, non fa niente di prestabilito, lei asseconda quello che la terra gli suggerisce di anno in anno. Alcune piante crescono in altezza più del previsto, altre colonizzano inaspettatamente alcune aree, altre faticano a produrre o a fiorire come avrebbe immaginato, altre ancora chiedono più acqua a causa dei cambiamenti climatici. Lei ascolta, legge tutto questo e agisce di conseguenza.

salvia e calendule

Figlia di un esperto orticoltore e innestatore, fino ad una certa età, Mara c’è solo crescita dentro a quei quattromila metri quadrati di terra. Poi a causa dell’avanzare degli anni, suo padre ha dovuto mollare e lei ha dovuto capire cosa fare. E’ da quel momento che ha iniziato ad osservare, non avendo il tempo e la sapienza paterna, ha lasciato che fossero le piante a suggerirgli la direzione. Così quelle troppo bisognose di cure hanno abbandonato il giardino, ma ne sono arrivate altre, magari esotiche o inaspettate, come gli amaranto e le melanzane thailandesi, che però trovano lì le condizioni ideali per vivere di niente. Non ci sono più i peschi e la vigna, ma querce, melie, catalpe e gelsi. “Inizialmente sembrava la cronaca di una strage – racconta Mara – ma si trattava invece di una lenta evoluzione”.

Mara tra le fragole

Sebbene suo padre utilizzasse poco o niente le sostanze chimiche, si prodigava in cure in concimazioni con stallatico di pecora, Mara invece voleva ottenere un orto giardino a bassa manutenzione, per ridurre i trattamenti, le irrigazioni e la fatica, perché in ogni caso la mole di lavoro resta alta. E per arrivare a questo obiettivo è stata necessaria una dose massiccia di sperimentazione. Oggi fertilizza lasciando in loco tutti i residui organici delle precedenti coltivazioni e organizzando piccoli mucchietti di compost ottenuti con sfalci e resti vegetali.

La terra di Mara è piatta come un biliardo, alluvionale e sabbiosa, vicino al mare di Lido di Camaiore, ma non così tanto da accusarne la salsedine. Ottima per le semine e lei questo fa: auto produce i semi e poi semina tutto quello che può, dalle arachidi, che da 60 anni crescono e vegetano in quell’orto, ai pomodori. Le fragole poi abbondano ovunque, soprattutto alla mezz’ombra del kiwi.

Asparago violetto

margherite

Mara predilige le piante autoctone e ‘selvatiche’. “Ho piantato anche pomodori da semi commerciali: all’inizio sono andati bene, ma poi si sono rivelati deludenti e bisognosi di attenzioni, che ahimè non hanno avuto. Il loro non-sapore non era paragonabile alla succulenza e dolcezza delle piante che sono qui da sempre. Quanto ai frutti mi sono messa alla ricerca di varietà antiche di peschi e susini e con un po’ di pazienza conto di riportare in giardino sapori vecchi ma dimenticati, come mi succede quando faccio il pane da me con lievito madre e farine locali. Ricerco piante che sappiano resistere almeno alle malattie più comuni. Se poi riusciranno a resistere anche ai cambiamenti climatici estremi anche meglio! Ecco perché non disdegno anche le varietà poco conosciute o sub tropicali che arricchiscono la biodiversità e magari mi regalano incroci spontanei”.

“Le linee guida che seguo nel mio orto sono poche e semplici – conclude Mara riassumendo – Riproduco le piante da fiore e le orticole quasi esclusivamente con i semi che seleziono in loco. Faccio delle pacciamature ‘selvagge’, lasciando al terreno tutto il materiale organico che produce. Posiziono le piante dove le condizioni sono favorevoli e non dove vorrei io. Lascio larghe fasce di terreno alle piante selvatiche e colonizzo alcune zone da destinare agli ortaggi. Continuo ad introdurre alberelli da frutto, seguendo la struttura del terreno e la luce, che varia continuamente con gli anni, vuoi per il clima, vuoi per la morte di un albero o lo sviluppo di uno nuovo. Tutto cambia, sempre, anche in giardino”.

 

 

 

 

 

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