L’autunno nell’orto, tra l’addio ai pomodori e il benvenuto ai cavoli
Il mio orto è sempre in ritardo: fatico a togliere gli ortaggi estivi che ancora producono mentre dovrei già accogliere quelli invernali
D’altronde perché negarci la possibilità di assaporare ancora le ultime insalate di fagiolini o di pomodori, quando sappiamo che tra poco si trasformeranno in nostalgico ricordo. I fagiolini quest’anno da me sono stati generosi, mi hanno regalato raccolti senza sosta: ogni mattina un piccolo cestino con cui inventarsi una nuova ricetta. L’orto mette in moto la fantasia in cucina se non vuoi morire di noia ed evitare il solito coro di “Ancora fagiolini!”, oppure “Ancora zucchine!”, “Ancora melanzane!” e via e via. L’orto non è un supermercato: ti dà quello che c’è in quella stagione e a meno di non avere serre riscaldate non consente troppe divagazioni.
Tuttavia anche se il sole persiste e le temperature restano miti, occorre pensare all’inverno, anche se non vorremmo farlo, anche se le giornate passate in giardino adesso, sono le più belle dell’anno, per delicatezza di luce, di colori e di calore.
I cavoli dicono che è il momento di passare le consegne. La loro presenza sarà una costante fino a primavera, tanto nell’orto quanto in cucina. Se non li abbiamo ancora trapiantati è il momento di farlo al più presto. Così come le cipolle o gli agli.
Il mio orto-giardino è sempre in ritardo. E’ una questione di troppo amore. Come dice il mio amico Stefano, che mi aiuta nel curare questo pezzo di terra: “Tu vuoi troppo bene alle piante!”. Attendo sempre l’ultimo frutto, l’ultima fioritura. Non voglio privarmi neppure del fiori secchi delle lavande, degli elicrisi e delle phlomis. Così che anche con le potature sono sempre in ritardo.
Per non parlare degli alberi da frutto: perché tagliare dei bei rami robusti? Ovvio: perché gli alberi da frutto sono fatti per produrre e le potature servono a questo. Ma io sono sempre reticente nel fare un taglio in più, come lo sono nel togliere una spontanea che si trova bene nel mio giardino.
C’è sempre una cicoria selvatica, un verbasco, un tarassaco che cresce dove “non dovrebbe” e che io faccio resistenza a togliere. Ho passione per le cose, le persone e le piante che si esprimono liberamente, reprimerne l’esuberanza, anche se per una buona causa, mi è faticoso. Allora cerco sempre una giusta via di mezzo, un compromesso tra l’utile e il dilettevole.
Le cime di rapa cuociono già nelle pentole dei miei amici e io sto ancora aspettando il primo raccolto. Idem per le cicorie: seminate direttamente in piena terra, le sto guardando crescere con impazienza.
Una delle poche cose che ho già fatto è raccogliere i semi per la prossima primavera. Ho selezionato i pomodori che ho amato di più e che si sono ammalati di meno. Ne ho raccolto i semi, li ho messi a seccare e conservati in sacchetti di carta a svernare. Così come per i fagiolini, gli amaranti, i piselli odorosi, i tagete, le calendule e le impomee.
Le zucche invece sono una battaglia persa. Per qualità di suolo e scarsa presenza di acqua, fanno solo fiori e mini-zucche che muoiono sul nascere. Ma io ci provo lo stesso e ogni anno colleziono i semi delle zucche che amo di più. Chissà che prima o poi non trovi un metodo adeguato alla loro coltivazione, tra una roccia e l’altra, sulle mie terrazze!
Dopo tutte queste chiacchiere mi sono auto convinta: adesso mi alzo e vado nell’orto. Inizierò a pulire le aiuole, toglierò le piante più stanche di pomodori, tirerò giù le canne dei fagiolini, non aspetterò gli ultimi friggitelli, né tantomeno le ultime melanzane. In cuore mio già lo so che stanno solo cercando il modo migliore per salutarmi, ma che l’addio è imminente.
Lascerò ancora qualche porro, i sedani, le bietole, le carote da raccogliere al bisogno, mentre i finocchi li ho già finiti! Tutto il resto andrà nel mucchio del compost o nel cumulo del fuoco nel caso le piante tolte riportino la presenza di funghi o malattie. Le rimpiazzerò come meglio posso: già il prossimo mese avrò le fave da seminare!
Cosa sto aspettando allora? Che i pennacchi infuocati degli amaranti si spengano del tutto, che i pomodori datterini smettano di lampeggiare tra le foglie e che i fiori di melanzane cessino di essere così graziosi.
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