Lo sapevate che gli orti sono stati per moltissimi anni oggetto di scambio e di beneficienza? E sarebbe molto bello che lo fossero tutt’oggi. Immaginate: uno dà in prestito un pezzo di terra che non utilizza in cambio di un po’ del raccolto. Oppure, se uno ha troppa terra, può darne una parte in beneficienza a chi ne avrà cura e ne farà un orto.
L’ORTO COME SCAMBIO
In passato i primi scambi avvennero nella Francia nel XVII secolo, quando il ministro delle Finanze di Luigi XIV, per convincere i marinai al servizio del re a restare sulle coste della Manica come marittimi o pescatori al porto di Dunkerque, assegnava loro alloggi e orti. Le famiglie che accettavano lo scambio ottenevano tutto il terreno necessario alla coltivazione di un orto all’interno del Forte Mardyck. Il godimento era ereditario, ma chi se ne andava perdeva ogni diritto. Concessioni di questo genere erano diffuse in Francia e spesso erano così radicate nella tradizione da sopravvivere fino al XX secolo, anche se non avevano carattere ereditario e non erano ratificate da documenti formali.
Sempre in Francia era in uso il “solco del povero”, in primavera quando i campi venivano arati, concimati e preparati alla semine, i servi, i braccianti o i poveri chiedevano dei solchi da coltivare per uso proprio in cambio di alcune giornate di lavoro.
ORTI IN BENEFICIENZA
Altre volte gli orti diventavano oggetto di beneficienza. Nella Bassa Bretagna i grandi proprietari terrieri, lasciavano un appezzamento di terra, detto “campo dei poveri”, agli anziani o alle famiglie numerose. Anche le parrocchie assieme agli abitanti più caritatevoli davano la possibilità alle famiglie più disagiate di coltivare un orto.
Ai braccianti che lavoravano nelle fattorie venivano concesso a basso costo una casa e cinquemila metri quadri di terra. Dalla terra si ricavava frutta, verdura e foraggio per gli animali, che a loro volta assicuravano concime per la terra.
Con la fine del XVIII secolo, molte di queste usanze si interruppero. Le industrie manifatturiere si spostarono verso le città e gli operai fecero altrettanto, gli appezzamenti di terreno furono abbandonati per mancanza di attrezzi, sementi e manodopera.
ORTI AL POSTO DELL’ELEMOSINA
Tuttavia nel corso dell’Ottocento gli orti a scopo caritatevole tornarono in gran voga. Per molte associazioni e patronati di beneficienza la possibilità di coltivare un orto risultava socialmente più utile che elargire elemosina. Una pratica che dalla Francia si diffuse in tutta Europa.
L’opera benefica prendeva in affitto un terreno, lo divideva in piccoli lotti e li assegnava agli assistiti, che in cambio di una cifra simbolica annuale, ricevevano anche sementi, attrezzi e concime per il primo anno. Si cercava di incentivare la coltivazione di verdure come carote, patate, cavoli, cipolle, porri barbabietole rape, piselli, fagioli e pomodori.
Per incentivarne la coltivazione venivano offerti concorsi e premi, si davano lezioni e si elargivano consigli. Le dame di beneficienza spiegavano invece come cucinare le verdure, suggerivano quelle più adatte alle famiglie e gli esperti divulgavano manuali di agricoltura.
In questo periodo, per avere più disponibilità di terra, gli orti si allontanarono dalle abitazioni e iniziarono a collocarsi alle periferie dei paesi.
Verso la fine del 1800 ci fu la nascita degli orti operai. Ma questi ve li racconto la prossima volta…
P.S.: questo post non sarebbe stato possibile senza l’aiuto del libro “L’orto e l’anima’ di Paola Violani, di cui InOrto aveva parlato tempo fa. Magari potreste ancora trovarne qualche copia in giro se siete interessati agli orti, alla loro storia e al ruolo che da sempre hanno avuto nella vita degli uomini. Questo è il link (https://www.macrolibrarsi.it/libri/__l-orto-e-l-anima.php)
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