“Mi sembra che sia quasi una necessità di guardare le cose vere, ma quelle più umili. Tutti possono godere di un bel panorama aperto, ma non sono molti quelli che sanno guardare per terra […] perché noi non sappiamo più vedere le bellezze piccole e umili della natura”. Questo scriveva Luciana Bora a commento della sua prima personale nell’ottobre del 1954. Allieva di Carpi, Funi e Carrà all’accademia di Brera, in tutta la sua vita di pittrice, Luciana Bora (Treviso 1926 – Milano 2007), ha sempre avuto tra i suoi soggetti prediletti gli orti.
I primi orti raccontati sono quelli dell’infanzia, passata tra Treviso e la sua provincia, orti di campagna, addossati a case coloniche, orti governati da mani esperte di contadini.
Dalla giovinezza, la scoperta degli orti della periferia milanese. Orti abusivi che fino a pochi anni fa erano la vera e propria cinta muraria cittadina.
L’orto è un luogo di meraviglie, e la sua scoperta è sempre emozionante. Sia che questa avvenga in inverno quando, addormentato e silente, è quasi un tutt’uno con la sterpaglia circostante, sia che si annunci da lontano con una gloriosa fioritura di carciofi.
L’orto è il luogo in cui si armonizzano il lavoro umano e quello della natura. Ecco perché la pittrice si sofferma anche sugli interventi di chi coltiva il fazzoletto di terra. A volte l’orto è spiato attraverso il povero reticolato di ferro che lo protegge da incursioni esterne. O sbarrato da un cancello di legno fatto di semplice fasciame di assi. Altre ancora è il bidone del concime il centro della composizione pittorica.
di Giovanna Pierini
Ho conosciuto personalmente la signora Luciana Bora. Vivo in sardegna e conobbi la Signora Luciana a casa del padre Dott Bora Giuseppe
Lo farò sapere alla figlia Giovanna. Grazie Signor Angelo!