L’orto si sa è fonte di vita, ma anche di ispirazione. Non a caso ci sono artisti che hanno posto l’orto al centro della propria visione artistica, estetica e potremmo quasi dire filosofica. Gianni Caverni è uno di questi. Artista, giornalista e critico d’arte ha da oltre quindici anni scelto l’orto come tema portante delle sue opere. “Non sono certamente quello che si dice un ortolano e probabilmente non lo sarò mai, anche se per anni ho vissuto in campagna e ho provato a coltivare un piccolo pezzo di terra – racconta Caverni – Tuttavia sono estremamente affascinato dalla perfezione dei vecchi orti, dalle linee, dai segni che vi si possono leggere. Sono completamente catturato da quella che per me è l’estetica dell’orto, simbolo di una ricerca pacifica all’autosufficienza”.
Da sempre sensibile e attento alle tracce disseminate dall’uomo sulla terra, Gianni Caverni coglie nelle linee disegnate con estrema meticolosità dai vecchi ortolani una sorta di linguaggio ancestrale dai codici quasi spirituali. “Niente viene fatto a caso nell’orto, anche la cosa apparentemente più banale, viene eseguita rispettando tempi, movimenti e rituali quasi magici. Ogni azione ha una propria corrispondenza non solo con la terra, ma anche con il cielo, con la luce, con l’intero cosmo”.
Ma la riflessione che Caverni ha fatto sull’orto va ancora oltre. “Spesso mi è capitato di fare un parallelo tra orto e incisione. Non solo per il i segni forti e precisi che ambedue lasciano, ma anche per lo spirito e l’animo con cui queste tecniche vengono eseguite. Il silenzio, la solitudine, lo scorrere del tempo accomuna sia il compimento dell’orto che di una lastra. Entrambi ti costringono a misurarti con l’isolamento costruttivo dei tuoi pensieri” . Agli occhi di questo artista l’orto è dunque molto di più di un semplice pezzo di terra lavorato e curato. “All’interno di una più ampia riflessione estetico-filosofica – spiega Caverni – potremmo quasi parlare di una vera e propria ‘dimensione orto’ ”.
Ecco perché 15 anni fa è nata la prima installazione ‘L’orto stupido’, le cui componenti erano la terra, le canne e le uova. “Elementi di per sé fertili, ma incompatibili tra di loro e quindi l’orto creato risultava stupido” commenta Caverni. Sempre giocando sui significati più o meno visibili all’interno di un orto è nato successivamente ‘L’orto dei miracoli’. Ancora una volta la presenza della terra e delle canne, posizionate a capanna, come si usano normalmente negli orti per sostenere gli ortaggi, ma questa volta alla loro base, invece delle uova, c’erano pani e pesci (ovviamente vivi in una bacinella piena di acqua). “Un tentativo simbolico per rendere un miracolo materiale e produttivo”.
E poi ancora ‘L’orto sul letto’, ‘I piedi per terra’ e ‘Erba di casa mia’. Opere in cui Caverni sviluppa il suo rapporto non solo con l’orto, ma anche con la terra e la natura. ‘L’orto sul letto’ è una foto, dove la terra e le verdure finiscono collocate realmente su un letto, a sottolineare il legame intimo, corporeo e profondo con questi elementi. Ne ‘I piedi per terra’ Caverni, con gesto provocatorio, cosparge la terra all’interno di una galleria d’arte, dove le persone per visionare le opere esposte, sono costrette a camminare sopra essa, sentirne obbligatoriamente la presenza e avvertirne la fisicità, respirarne l’odore; a completare l’installazione scarpe riempite di terra, usate come vasi per accogliere giovani piante. Con la mostra fotografica ‘Erba di casa mia’ Caverni documenta il conflitto tra natura e artificio, individuando all’interno dei contesti urbani, la ribellione e la forza della natura, solo apparentemente sopita: fili d’erba e piante che si fanno spazio nel cemento, nelle pietre, nell’asfalto e in luoghi dove a loro è comunemente vietato vivere.
Con le installazioni ‘L’orto della memoria’ e ‘Mi spiega che penso’ Caverni ritorna alle canne come elemento strutturale portante. E se nella prima opera le canne, avvolte da un filo elettrico, sostengono lampadine che illuminano le immagini fotografiche degli artisti coinvolti nella mostra, ma bambini e quindi di vecchia memoria, nella seconda la stessa struttura serve ad illuminare tante piccole statue souvenir raffiguranti il David di Michelangelo, per evidenziare la forzatura ‘coltura-cultura’ a cui spesso si assiste in una città super turisticizzata come Firenze.
L’ ultimo lavoro di Caverni è la mostra fotografica ‘Intimi Orti’. L’autore ha scelto come soggetti alcuni suoi amici; ritratti nudi, quindi nel loro aspetto più ‘intimo’; a casa loro o nel loro luogo di lavoro, in ogni caso nello spazio da loro ritenuto più riservato. ‘Intima’ anche la posa: le braccia quasi volessero sorreggere un neonato, ma al posto del neonato qualche pugno di terra e degli ortaggi, custoditi con delicatezza, affetto e calore. A marcare questo caldo accudimento, le piante e la terra sono ritratte a colori, mentre il resto della foto è in un più ‘intimo’ bianco e nero.
Giunti al termine di questo percorso non possiamo che consacrare Gianni Caverni (g.caverni@gmail.com) ‘artista-ortista’ e attendere con impazienza il suo prossimo orto, virtuale o surreale che sia!
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