Spesso quando si pronuncia la parola biodinamico, sia che ci si riferisca ad un vino o ad un qualsiasi altro prodotto dell’orto e della terra, partono i sorrisetti, le alzate di sopracciglia, i ‘ma’ dubitativi. C’è veramente ancora molto scetticismo intorno a questa parola che pure sta riscuotendo enormi successi e risultati, soprattutto in campo vinicolo.
Ebbene io sono dalla loro parte. Dalla parte di chi fa qualcosa per spingere il mondo nella giusta direzione, iniziando a coltivare la terra amandola e rispettandola. E attenzione non sono solo parole vuote, perché nell’ambito biodinamico operano un numero sempre maggiore di aziende, che vogliono, come è giusto che sia, trarre profitto dalla loro attività. Generalmente sono aziende chiuse indipendenti da apporti esterni.
Si tratta dunque di introdurre un nuovo modello produttivo basato sull’equilibrio di tutte le componenti presenti in un ecosistema o in un territorio, grande o piccolo che sia, senza alterarlo, ma anzi riportandolo alla sua massima potenzialità, partendo dalla qualità del terreno, passando attraverso la scelta delle specie vegetative da coltivare, dal risparmio delle risorse naturali (ma anche personali), per arrivare ad esprimere prodotti più sani, più saporiti, più rappresentativi di un determinato territorio, meno omologati e più specifici. Si tratta, in pratica, di innescare un modello virtuoso di coltivare la terra.
Ma fatta questa premessa e spezzata la prima lancia a favore dell’agricoltura biodinamica, vorrei ritornare nel nostro piccolo, ovvero nell’orto, e vedere come anche in un terreno di piccole dimensioni possono venire applicate le tecniche e i principi base di questa ‘disciplina’, nata tanto tempo fa, esattamente agli inizi del secolo scorso, ad opera di Rudolf Steiner, studioso austriaco fondatore dell’antroposofia, il cui pensiero ha influenzato l’arte, la scienza, la medicina, la pedagogia e naturalmente l’agricoltura. Ma lasciamo da parte anche questo grande pensatore ‘a tutto campo’ e torniamo agli aspetti pratici da affrontare invece ‘sul campo’.
Anch’io mi sono avvicinata piano piano alla biodinamica, anch’io con le mie incredulità e con i miei scetticismi, ma vedendo i miglioramenti indiscutibili portati ai terreni coltivati, riconoscendone la validità ambientale, gustando la bontà dei prodotti, di cui ne aumenta anche la conservabilità, ho deciso di conoscere e studiare più a fondo il metodo biodinamico. L’occasione mi è stata data da un corso di ‘orticoltura biodinamica’ organizzato dalla rete d’imprese Lucca Biodinamica e dall’Associazione Agricoltura Vivente, che raccoglie solo agricoltori professionisti di tutto il territorio nazionale. Come sede del corso è stata scelta l’azienda Nico di Federico Martinelli.
Tanto per cominciare cerchiamo di capire in cosa differisce dal più conosciuto metodo biologico. E’ chiaro che un post non può bastare ad affrontare un argomento che potrebbe essere oggetto di un intero convegno, proverò tuttavia, pur nella sintesi, ad essere il più corretta e comprensibile possibile. Diciamo quindi che pur perseguendo gli stessi obiettivi, ovvero la produzione di cibo più sano evitando l’impiego di prodotti chimici, l’agricoltura biodinamica prevede l’impiego di una minore quantità di concimi, di prodotti fitosanitari (anche se di origine naturale) e di un minore impiego di acqua. L’agricoltura biodinamica punta sulla qualità del suolo e sul suo miglioramento, perché parte dal presupposto che nel terreno c’è tutto quello che serve alle piante per crescere ed è la cattiva gestione a renderlo carente. Quindi il primo step è portare il terreno ad un livello di fertilità tale da renderlo armonioso.
Per fare questo l’agricoltura biodinamica utilizza più strumenti: i preparati da irrorare, il cornoletame (o preparato 500) e il cornosilice (o preparato 501); i preparati da cumulo; il sovescio; le rotazioni e le consociazioni. I preparati, a base minerale, animale e vegetale, vengono usati con cadenza stagionale, spruzzati quali attivatori del terreno, delle piante e coadiuvanti delle pratiche agricole. E sono questi preparati i veri elementi che differenziano la biodinamica dalle tutte le altre tecniche agricole.
Il cornoletame (o 500) è una ‘fatta’ fresca di mucca che viene inserita dentro ad un corno, interrato durante il periodo invernale e tolto poi in primavera. La ‘fatta’ così trasformata si presenta sotto forma colloidale che una volta dinamizzata ed espansa in acqua verrà spruzzata in pieno campo secondo le dosi prestabilite. Questo preparato serve a vivificare il terreno ed ad intensificare l’attività microbica, trasformando la sostanza organica in humus. Con il tempo l’apparato radicale delle piante risulterà più sano e forte. “Le normali fertilizzazioni chimiche spesso si limitano ad apportare solo sale in più nella terra ed un aumentarne il bisogno di acqua, ma non si innesca il processo di umificazione indispensabile alla fertilità” spiega Federico dell’azienda Nico durante il corso di orticoltura biodinamica.
Il cornosilice (o 501) è che cristallo di rocca tritato finemente da sembrare talco, mixato ad acqua fino ad ottenere un impasto. Anche questo preparato viene inserito nel corno e interrato per tutta l’estate e tolto in autunno. Anch’esso prima dell’utilizzo verrà dinamizzato in acqua e poi distribuito (micronizzato) con l’apposito irroratore sulle piante nelle prime ore del mattino, che grazie al cornosilice saranno in grado di assorbire più luce e avere una migliore fotosintesi clorofilliana. Aiuta la maturazione dei frutti e ne aumenta il sapore e le proprietà organolettiche. “I trattamenti possono essere più di uno, soprattutto se vedremo che in un determinato periodo dell’anno il nostro orto necessita di una spinta energetica maggiore – spiega ancora Federico – Il cornosilice aumenta l’intensità del verde delle foglie, le piante prendono nuovo vigore e i frutti, oltre ad essere più saporiti si conservano più a lungo”. In genere entrambi i preparati vengono distribuiti in primavera e in autunno.
Ci sono poi i cosiddetti preparati da cumulo, ovvero delle piccole palline, composte da svariate piante (ortica, achillea, tarassaco, valeriana, camomilla, quercia, etc…) che vengono inserite all’interno del cumulo di letame di sola mucca. E’ un puro impulso vegetale che viene aggiunto al letame. L’ideale è allestire il cumulo in autunno per distribuirlo in primavera solo in situazioni di emergenza, quando il terreno ancora povero e asfittico, deve raggiungere un certo grado di fertilità.
E’ proprio a causa di questi singolari preparati che spesso il coltivatore biodinamico viene visto come una sorta di pseudo-stregone invece di un contadino che si prende cura della propria terra osservandola e aiutandola con dei preparati che ne ristabiliscono l’equilibrio originario, l’equilibrio che forse già possedeva prima di avere subito uno sfruttamento eccessivo o maldestro. Ma chi è abituato a curare il proprio corpo in modo naturale, ovvero anche con metodi non esattamente tradizionali, troverà la biodinamica meno strana di quanto in realtà possa sembrare.
Più facili da capire sono invece le altre pratiche adottate in agricoltura biodinamica comuni anche all’agricoltura biologica, come per esempio i sovesci, le consociazioni e le rotazioni. In agricoltura biodinamica proprio il sovescio riveste un’importanza fondamentale, ovvero la semina di piante che coprano il terreno durante i periodi di inattività produttiva, da sfalciare una volta arrivate a fioritura, da tritare prima e amalgamare poi al terreno, al fine di renderlo più soffice e ricco di sostanza organica. “Su tre ettari di terreno un ettaro è sempre destinato al sovescio – racconta Federico – Si effettua in primavera e in autunno, utilizzando diverse varietà di piante: leguminose, graminacee, brassicaceae, oppure anche semplicemente i semi avanzati in azienda, per esempio la bietola. Occorre mettere il terreno in condizione di assorbire l’acqua, perché le piante soffrono l’asfissia radicale”. Sovescio + preparati + sovescio e un terreno da argilloso diventa fertile. Questa è la formula suggerita da Federico durante il corso e il suo appezzamento di terreno ne è la prova concreta!
Anche le consociazioni e le rotazioni (in biodinamica è bandita la monocoltura) sono pratiche seguite, così come la pacciamatura degli ortaggi nei periodi di maggiore caldo e freddo, per fronteggiare le condizioni climatiche e come deterrente alla crescita delle malerbe. In caso di patologie o come prevenzione, è anche previsto l’utilizzo di macerati e infusi naturali, come quello di equiseto, di ortica o altri.
Sono dunque molte le pratiche con cui l’agricoltore biodinamico si trova ad operare e lui funge da direttore di orchestra, che cerca di valorizzare al meglio tutti gli strumenti che ha a sua disposizione, e lo fa stando al centro di un universo ricco anche di forze cosmiche. Per questo l’agricoltura biodinamica segue il calendario di Maria Thun, dove sono indicati i giorni più adatti allo svolgersi di determinati lavori nell’orto piuttosto di altri (esempio: semina, potatura, trapianto, lavorazione del terreno, ecc…). Ma Il calendario è solo un indicatore poi il ritmo in campo lo determinano comunque le condizioni meteo. Gli ultimi 10 anni di condizioni meteo estreme ne sono la conferma.
Volendo possiamo dire che l’agricoltura biodinamica è un po’ la madre di tutte le agricolture, sia per la complessità e la molteplicità delle tecniche adottate che come fonte d’ispirazione. Proprio a causa della sua complessità difficilmente ci si improvvisa orticoltori biodinamici. L’apprendimento corretto della tecnica è infatti la prima tappa fondamentale per iniziare il percorso biodinamico e in seguito sarà la condivisione delle esperienze che ci farà crescere e migliorare. Se si ha un’azienda si potrà richiedere la presenza di un esperto che possa tramandarci la propria conoscenza, se invece siamo dei piccoli ortisti si potrà partecipare (come ho fatto io) a dei corsi collettivi.
E se dopo tutti questi bei discorsi storcete ancora il naso davanti alla parola biodinamica, vi invito ad andare a visitare qualche azienda o qualche orto biodinamico e controllare con una vanga la qualità del terreno, la profondità di sviluppo delle radici e il loro stato di salute. Oppure, ancora più semplice, sfatate la vostra incredulità brindando con un vino biodinamico! :)))
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