Chiamarlo orto è riduttivo. ‘L’orto del nonno’ è una scuola, un centro di accoglienza, un luogo di incontro, un rifugio per piante e persone. Più che un pezzo di terra è un pensiero di vita. “Mi piace pensarlo come un punto di incontro e di scambio. Che sazia e rigenera” afferma Monica Palagi proprietaria e anima di questo progetto.
L’orto del nonno si trova nell’entroterra versiliese, a Pian di Mommio nel Comune di Massarosa. I numeri non sono grandi: 1 ettaro e mezzo di terra ereditati da uno zio, altrettanti presi in affido dal vicino confinante e 1 ettaro di oliveto. Ma talvolta basta poco per fare grandi cose, se la volontà guida. E infatti questa terra è bastata a Monica per realizzare il suo sogno di bambina: una fattoria dove si sta bene e che faccia del bene.
Un orto didattico, dove i bambini imparano le verdure, ma anche terapeutico perché accoglie persone che necessitano di percorsi di recupero come tossicodipendenti e disabili. E poi, semplicemente, un luogo dove si coltivano e si vendono verdure tutte biologiche o biodinamiche.
Qui la pianura è fertile ma le aziende che coltivano in biologico si contano sulle dita, per questo quando sono arrivata all’Orto del nonno per fare la spesa ero molto felice, ma ho faticato a capire come funzionasse, perché questo luogo è così speciale che può succedere che non ci sia nessuno a ricevervi, ma solo i campi, le serre, il cortile e la stanza dove vengono esposte le verdure raccolte la mattina. A quel punto la spesa è self service: accendi la luce della stanza dispensa, scegli ciò che ti occorre, lo pesi, lo imbusti e scrivi su una foglio di carta il tuo nome, la data e l’elenco di ciò che hai preso. Pagherai, quando pagherai… Se hai un problema, c’è in bella mostra il numero di telefono di Monica.
Tutto è basato sulla reciproca fiducia, d’altronde le relazioni sono il fulcro di questo luogo. Come dice Monica “E’ un orto a vocazione educativa. Senza educazione questo posto non avrebbe senso”. Qui si impara ad amare le piante, la natura, ma anche gli altri, quelli fortunati e quelli meno fortunati.
All’Orto del nonno si respira pace e serenità: il lavoro non manca mai, ma neppure le soddisfazioni. Tuttavia per arrivare a questo punto Monica ha dovuto percorrere una strada lunga e difficoltosa. E se siete interessati a conoscere la sua storia, accomodatevi…
Monica fin da bambina ha sempre avuto un chiodo fisso: la fattoria. E passava tutto il tempo extra scolastico nella terra dello zio, anche se lo zio se ne lamentava continuamente perché non ripagava la fatica che chiedeva. “Per questo motivo ad un certo punto, come molti nella zona, lo zio ha deciso di dedicarsi alla produzione di fiori. Ha riportato della terra di lago, ha realizzato delle serre e ha iniziato la sua nuova attività” ricorda Monica. Purtroppo sia la mamma di Monica che lo zio sono venuti a mancare presto e lei si è ritrovata a dovere decidere cosa fare: se smembrare la terra tra i vari eredi e finire dietro una scrivania o se prendersi la responsabilità e la cura di questi terreni ormai abbandonati.
“Un vero tormento, dal quale non riuscivo ad uscire – racconta Monica – Fino a quando non sono venuta a conoscenza di un convegno tenuto da Don Luigi Verdi nel Casentino, che si chiamava ‘La realtà sa di pane’. Ho deciso di partecipare con mia sorella e subito dopo sono ripartita per Urbino per partecipare ad un incontro a livello mondiale sul biologico”. In quelle due occasioni ha incontrato nuove persone e nuove idee, ma soprattutto ha acquisito nuova consapevolezza e tornata a casa è partita con il progetto ‘La fattoria del microscopio’ dove i bambini potevano conoscere tutti gli animali che non si vedono: non un somaro ma una coccinella, non una mucca ma un lombrico e così via…
Nonostante l’entusiasmo iniziale i primi tempi sono stati duri. Monica si è ritrovata donna sola, in un mondo maschile, a volere fare cose diverse. Una sfida titanica, nessuno che l’aiutasse a capire come approcciarsi alla terra in modo naturale e come accedere alla certificazione biologica, nessun alleato: né agricoltori della zona che solidarizzassero con lei, né associazioni del settore che la indirizzassero. “Sono stati due anni di lacrime – dice Monica sorridendo – i raccolti erano inesistenti e incontravo solo ostacoli dentro e fuori la famiglia. Poi ho capito che più che agguerrirmi contro la terra, dovevo lasciarmi andare, osservarla e capirla. La terra è un organismo vivente che insegna se si sa ascoltare. Ho imparato a conoscere le erbe che crescevano spontanee e trovare ortaggi che avessero le stesse esigenze e caratteristiche. La terra perdona quando si sbaglia, e io carica di fiducia riprovavo e riprovavo. Alla fine ce l’ho fatta!”.
“Insieme ai raccolti sono arrivati anche i corsi per i bambini delle scuole elementari, che venivano qui una volta alla settimana e seguivano l’intero processo produttivo. La verdura veniva seminata, raccolta, cucinata e assaggiata. I bambini si alternavano nei vari compiti e giocare ai contadini era per tutti divertente”. Visto l’interesse per questi primi corsi, sono stati affiancati anche delle settimane residenziali, destinate ai ragazzi più grandi, che campeggiavano nell’oliveto, ascoltavano i racconti di esperti (geologi, guide ambientali, contadini…) e partecipavano a gite e piccoli lavori.
Oltre all’attività didattica e al recupero terapeutico, l’Orto del nonno vive grazie alle forniture effettuate a un Gruppo Solidale d’Acquisto locale, alla partecipazione a due mercati settimanali delle vicinanze a alla vendita diretta in azienda dei propri ortaggi. E pensare che le persone che vi lavorano in modo continuativo sono solo tre: Monica, il figlio, il padre ormai in pensione e Mariano. “Mariano è un disabile di 45 anni a cui manca braccio e spalla – spiega Monica – ma è una persona formidabile che lavora come se avesse tre mani: si costruisce da solo gli attrezzi adatti a lui, come la carriola e rastrello, ed è fonte inesauribile di energia”.
L’Orto del nonno è un luogo aperto a tutti, dove ciascuno trova il suo posto, un luogo dove si impara a dare e ricevere e dove le idee non mancano mai. L’ultima in ordine di tempo è l’Agriristorante la Ficaia, dove Monica il fine settimana, si mette in testa il cappello da chef e valorizza i prodotti del suo orto cucinandoli e proponendoli agli avventori. Ma questa è un’altra storia… :))
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