Perché fare la fatica di produrre semi in proprio se è così semplice acquistare una bustina già pronta e confezionata?
Semplice, perché fare i semi in proprio significa selezionare piante adatte al proprio territorio e, andando ancora più nello specifico, adatte al proprio orto e giardino. Facciamo un esempio: se nel mio giardino ho poca acqua e il terreno è sabbioso, le piante che vi coltiverò produrranno semi che svilupperanno, anno dopo anno, i requisiti per meglio sopportare la siccità e il terreno povero e ovviamente li trasmetteranno alla pianta. Quindi nel tempo avrò piante in grado di sopportare meglio le avversità e le problematiche proprie del mio appezzamento di terra. In pratica, utilizzando i nostri semi, spingeremo la pianta verso un sensato e sano adattamento.
Senza considerare che potremo scegliere di coltivare ortaggi antichi e recuperare da altri orticoltori vecchie varietà adatte al nostro clima e alla nostra regione di appartenenza. Potremo in questo modo contribuire a preservare una biodiversità che altrimenti andrebbe a scomparire, considerato che i semi in commercio sono sempre gli stessi, spesso identici per tutte le latitudini e per tutti i suoli.
Adesso che sappiamo perché è così importante produrre da soli i semi degli ortaggi che coltiviamo. Impariamo le tecniche per compiere al meglio questa operazione e iniziamo con l’ortaggio più amato da tutti: il pomodoro.
Produzione semi di pomodoro
Ci sono migliaia di varietà di pomodori spesso, ibride, insipide e spesso destinate ad ammalarsi. Purtroppo molte varietà antiche sono andate perdute, ma adesso possiamo recuperarle, coltivarle e auto-produrne e custodirne i semi.
Per prima cosa occorre sapere che il pomodoro è auto-impollinante e per questo risulta più facile evitare incroci non desiderati. Tuttavia il vento o qualsiasi movimento può fare spandere il polline nell’aria che può andare a depositarsi sulle piante vicine, per questo motivo è consigliabile coltivare una varietà alla volta. L’alternativa, per salvaguardare la purezza varietale, è ricorrere all’utilizzo di barriere meccaniche, per esempio semplici sacchetti di tulle (come quelli che si usano per i confetti) da mettere a cappuccio sulle cime fiorite. La percentuale di ibridazione, qualora non si intervenga, va da 3 al 15%. Sta a noi decidere se assumerci o meno questa percentuale di rischio.
Quali piante e frutti scegliere – Le piante portaseme devono essere sane, robuste e produttive, con frutti dalla forma e il colore rispondenti alla varietà che abbiamo scelto di riprodurre.
Di solito si predilige i semi dei primi frutti di una pianta, quelli più sviluppati e sani. Questi si trovano sul primo o al massimo, sul secondo palco della pianta, perché i palchi superiori potrebbero andare incontro a alterazioni genetiche. I frutti selezionati dovranno essere ben maturi, quasi avvizziti, per essere pronti alla raccolta.
I passaggi per passare dal frutto al seme – Una volta raccolti i pomodori selezionati li taglieremo a metà e ne spremeremo il contenuto in un contenitore, semi compresi. A questo punto aggiungeremo acqua in pari quantità e li lasceremo fermi per 2-3 giorni a temperatura ambiente (25-30°). In questi giorni si svilupperà una fermentazione che distruggerà la gelatina, normalmente presente nel pomodoro, che è uno anti-germinante naturale.
Potremo infatti vedere svilupparsi sulla superficie un velo opaco di muffa che potrebbe attirare moscerini o altri insetti, per questo sarà utile coprire il contenitore con una garza o comunque con qualcosa di non ermetico. Sarà questa fermentazione che sterilizzerà i semi da eventuali virus e ci permetterà di avere una semente libera da malattie. Se il liquido in questo periodo tendesse ad asciugarsi, andrà aggiunta nuova acqua. Attenzione a non prolungare troppo questo periodo fermentativo, perché i semi potrebbero germogliare.
Asciugatura e conservazione – Al termine di questo periodo verseremo tutto in un colino da tè e sciacqueremo con acqua tiepida fino a rendere i semi perfettamente puliti. Una volta spogliati da qualsiasi residuo, stenderemo i semi su della carta paglia (perché su della carta da cucina si attaccherebbero facilmente) e li lasceremo asciugare all’ombra, ma in ambiente asciutto, per 7-10 giorni, dipenderà dalla temperatura. Una volta pronti li riporremo in bustine di carta velina, con sopra scritto a penna il nome della varietà e l’anno di produzione. Così confezionati e riposti in luogo fresco e buio, potranno essere custoditi per 4 o 5 anni.
Vi confesso che questo post non sarebbe stato possibile senza l’aiuto di due utilissime fonti di informazione: ‘Il Balconorto’ e ‘Di seme in meglio’. Grazie a Tommaso Turchi e Alice Pasin che ne sono gli autori 😀
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